00 03/08/2012 13:24
Sale a 5 il totale delle persone impiccate durante il governo del premier Yoshihiko Noda

Il boia è tornato al lavoro questa mattina in Giappone con due impiccagioni, le prime disposte dal nuovo ministro della Giustizia, Makoto Taki. Nel totale, ricorda una nota del ministero, sono cinque i condannati alla pena capitale giustiziati sotto il governo del premier Yoshihiko Noda, presidente del partito Democratico (DpJ). Le ultime impiccagioni, ben tre, risalgono al 29 marzo scorso, a seguito del decreto firmato dall'allora Guardasigilli Toshio Ogawa, che chiuse una sorta di moratoria di 20 mesi.
I condannati sono stati giustiziati questa mattina a Tokyo e Osaka, ha spiegato il ministero della Giustizia. Si tratta, secondo i media locali, di Junya Hattori, 40 anni, condannato per lo stupro e l'omicidio nel 2002 di una studentessa di 19 anni il cui corpo è stato bruciato in un cantiere, e di Kyozo Matsumura, 31 anni, ritento colpevole dell'uccisione a gennaio 2007 di due familiari nelle prefetture di Kyoto e di Kanagawa. Con le ultime esecuzioni, il numero di detenuti nel braccio della morte in Giappone è sceso a quota 130. Taki, ministro della Giustizia da giugno, aveva già messo in chiaro in una sessione parlamentare che non avrebbe esitato a emettere l'ordine di esecuzione se lo riteneva necessario. Il Giappone, con gli Usa, è l'ultima tra le democrazie più industrializzate a prevedere nell'ordinamento e a ricorrere alla pena di morte, provocando spesso proteste da parte dei governi europei e delle organizzazioni che difendono i diritti umani. Amnesty International Japan, ad esempio, ha espresso oggi il più "profondo disappunto per quanto accaduto", ha commentato con l'ANSA, il segretario generale, Hideki Wakabayashi. "Soprattutto - ha aggiunto - se si considera che nel 2011 non ci sono state esecuzioni: è veramente un peccato che il governo dei Democratici di Noda non riesca ad allinearsi alle dominanti orientamenti internazionali, visti da ultimo i passi in avanti sul tema fatti anche da Paesi come la Mongolia". In Giappone, in base agli ultimi sondaggi, i favorevoli al mantenimento della pena capitale superano l'85%.

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