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Una laurea per le università il gran premio della qualità

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2009 16:44
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17/06/2009 12:27

Il Nord e le città di provincia sono l'aristocrazia accademica italiana: le classifiche delle migliori università stilate dal Censis emettono un verdetto chiaro. La facoltà "regina" è a Padova. Negli atenei primeggia Siena. La città veneta è prima in ben quattro discipline (economia, scienze della formazione, veterinaria e scienze matematiche, fisiche, naturali) mentre, tra secondi e terzi posti, colleziona il primato per gli agrari, i farmacisti e la facoltà di Lettere. Gli ingegneri e gli avvocati più fortunati sono quelli di Trento, dove vince anche Sociologia (qui il podio è ristretto dal momento che le facoltà con i requisiti sono poche). Dell'ateneo trentino si piazzano anche Economia, Lettere e Scienze matematiche, fisiche, naturali. Accanto a Padova e Trento, le città pigliatutto, c'è la buona provincia italiana, con una maggior concentrazione nei centri padani: Pavia primeggia con Scienze politiche, Ferrara con Architettura. Ma nella classifica delle facoltà più valide figurano anche gli atenei di Parma, Perugia e Udine. Poi Verona, Ancona e Siena.
Le grandi città hanno sporadiche presenze. Figurano Milano, Roma, Torino e Genova. Solitaria stella del Sud, Lingue di Salerno, seconda sul podio. Una piccola rivincita sul predominio del nord e dei centri medio-piccoli il Sud se la prende con gli atenei, piazzando al primo posto della categoria Grandi università l'Unical in Calabria. Ma rispetto alla classifica delle facoltà si deve tenere presente che i parametri sono diversi.
È il risultato di una ricerca decennale sviluppata da Repubblica e dal Censis per elaborare le classifiche pubblicate ogni anno, insieme all'offerta formativa aggiornata nella Grande Guida dell'Università. Per l'anniversario, accanto alle valutazioni del 2009 che verranno rese note a partire dal 30 giugno, sono state elaborate le graduatorie pluriennali. Dieci anni di esperienza nella valutazione, sei anni sotto la lente (perché i primi quattro, precedenti la riforma universitaria, non sono confrontabili con i successivi), per disegnare una mappa dell'eccellenza. Ma anche per fare un check-up allo stato di salute dell'università italiana.
Ma cos'è la qualità? Come si arriva a queste classifiche? I criteri sono quattro: la produttività, la didattica, la ricerca e i rapporti internazionali. Parole che vogliono dire tante cose. La produttività, per esempio, è anche avere pochi studenti fuori corso, e didattica vuol dire offrire agli studenti professori di ruolo, magari giovani. La ricerca si può misurare con i finanziamenti ottenuti, e per i rapporti internazionali è utile guardare quanti studenti vanno a studiare all'estero. Il metro della qualità, però, cambia se parliamo di atenei: in questo caso contano i servizi (mense e alloggi), le borse di studio, le aule, l'efficienza del Web. Misure che forse non soddisfano tutti, ma sono adottate in assoluta trasparenza.
Nota Roberto Ciampicacigli, direttore del Censis servizi e coordinatore della ricerca fin dalla prima edizione, che "negli anni la cultura della valutazione si è sempre più diffusa. Oggi è un fatto scontato, almeno in teoria, ufficializzato anche dal ministero dell'Università e della ricerca, e mi piace sottolineare la collaborazione messa in piedi con alcune conferenze di presidi per migliorare la precisione dei giudizi". "L'Unione europea - aggiunge - ha avviato un progetto di ricerca per calibrare un modello di valutazione unico". Peccato che per il momento, l'equazione "più sei bravo e più soldi avrai dallo Stato" resta solo un buon proposito. Luigi Biggeri, presidente del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, fa la lista dei limiti del modello ministeriale (i cui dati, comunque, fanno parte di quelli più ampi elaborati dal Censis). Spiccano "le insufficienti sanzioni per comportamenti scorretti delle università e la mancanza di incentivi". I soldi, naturalmente, sarebbero uno dei riconoscimenti più apprezzati. Se così fosse non ci sarebbero paradossi come quello di Siena, ateneo di eccellenza, che però ha problemi economici così gravi che è sull'orlo del collasso. Biggeri sostiene che anche gli indicatori usati del ministero per definire la qualità scontentano molti docenti. D'altra parte, nel panorama eterogeneo dell'università italiana qualsiasi criterio è imperfetto. Interessante, su questo, il caso di Aquis, l'Associazione per la qualità delle università italiane statali, sorta lo scorso anno. Il loro metodo premia molto più la qualità della ricerca che quella della didattica. "Accade la stessa cosa - dice Ciampicacigli - per diverse, stimate classifiche internazionali. Anzi, alcune non considerano quasi per niente la didattica". Però è la didattica la prima cosa che chiedono gli studenti, i "clienti" dell'università.
E, a proposito di complessità, alla valutazione elaborata da Repubblica e Censis sfuggono alcuni casi, proprio perché l'attendibilità viene prima di tutto. Due facoltà di tendenza sono Design e Scienze della comunicazione. Ma qui non vengono valutate perché sono rimaste troppo poche per consentire attendibili confronti. E nella superclassifica mancano le facoltà che durante i sei anni post-riforma hanno avuto prima una valutazione comune, e poi si sono divise, come Scienze politiche ed Economia di Bologna. Mancano tutte quelle facoltà che, negli ultimi sei anni, hanno avuto meno di sei sedi valutate per tutto il periodo (come Psicologia, dove solo Padova ha avuto una valutazione per tutti gli anni richiesti) in caso contrario, i risultati confrontati sarebbero stati disomogenei. Forse una classifica unica e onnicomprensiva sarebbe stata più divertente. Ma le divertenti approssimazioni sono l'ultima cosa di cui gli studenti e l'università hanno bisogno.

Aurelio Magistà

www.repubblica.it
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Sesso: Maschile
17/06/2009 16:44

Non sono molto d'accordo coi criteri soprattutto con quello della produttività.
Magari uno studente è bravissimo e ci mette tanto proprio perchè vuole mantenere i suoi voti alti e quindi va fuori corso.
Oltretutto le private non se le cagano nemmeno a parte le solite due.
Sono curioso di leggere i risultati.
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