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Yale, i peccati della meglio gioventù

Ultimo Aggiornamento: 05/12/2009 12:24
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Sesso: Femminile
05/12/2009 12:14

Pasticche e festini dove la violenza sessuale è il piatto forte: ecco l'Università della nuova élite. Piena di paure.
Yale è una delle otto Ivy League, le università private più prestigiose degli Stati Uniti, quella che vanta “Famous Alumni” come il presidente Ford, i due Bush, Bill e Hillary Clinton, e 14 Premi Nobel. Il 21 Novembre vi si è svolto l’evento più atteso dell’anno: The Game, il derby tra Harvard e Yale. Un weekend di festa, più che una partita di football, e una straordinaria occasione per scoprire come vive e cosa sogna la prossima generazione di leader americani. Abbiamo trascorso tre giorni nel campus, in quella che viene chiamata la Bubble, “la Bolla” creata dall’università, con palazzi del Settecento silenziosi e strade impeccabili controllate da una speciale polizia. Abbiamo chiacchierato con gli studenti fino a tardi, siamo andati alle loro feste, entrati nelle loro stanze, e abbiamo scoperto il loro mondo a parte nel cuore di New Haven, une delle città più povere degli Stati Uniti, a un’ora e 50 di treno da New York.

Nella caffetteria della facoltà di Legge, la più reputata d’America, molti studenti mangiano da soli, con la testa china su libri e il computer. «Fanno parte del silent third, (il terzo silenzioso): un terzo dei 5250 studenti del College sceglie un programma di studi così impegnativo da non avere una vita sociale». Hans studia Scienze Politiche e vive con quattro amici in una casa di legno su Dwight street, una delle poche occupate dagli studenti fuori dalla “Bolla”. Ha 23 anni, alto, biondo, eletto tra i cinquanta ragazzi più belli di Yale. «La pressione psicologica qua è fortissima». La retta è di 47.500 dollari l’anno, «se ripeti un semestre rischi di perderne quasi la metà». Anida ha 22 anni e frequenta la facoltà di Arte. È entrata a Yale grazie alla regola del need-blind: la selezione per le ammissioni viene fatta solo in base ai risultati scolastici, senza considerare il reddito economico della famiglia. Fa parte di quel 50 per cento di studenti che riceve l’aiuto finanziario dall’università, ma deve pagare una parte delle spese. Per farlo, studia e lavora 16 ore al giorno. «Il semplice fatto di essere a Yale, tra gli studenti più brillanti degli Stati Uniti, con i migliori programmi e insegnanti del mondo, è un privilegio» dice. Hans interviene: «Anida dimentica di prendersi cura di sé».

Molti studenti non dormono. Per resistere prendono l’Adderall, il medicinale per chi soffre di Sindrome di deficit dell’attenzione. Attacchi di panico, depressione: «Yale ne è piena». Anida non ha mai fatto uso di droghe, e quel che colpisce di lei non sono le sue occhiaie ma la voce profonda e chiara, e il suo modo di guardarti dritto negli occhi, generoso e determinato. C’è un solo argomento che le fa abbassare lo sguardo: il date-rape. Lo chiamano così: appuntamento con stupro: «Succede tra compagni di università, alle feste quando sono tutti ubriachi e la ragazza non è più in grado di difendersi». Corre voce che accada durante le feste delle fraternities del college, i cui membri sono prevalentemente giocatori di football, che «credono nella fratellanza, hanno la mascella grossa e molto testosterone ». A spiegarlo è Reese, studente di Filosofia e membro della fraternity Deke. Gli chiedo se è mai stato responsabile di un date-rape e risponde: «È possibile. Ma se sia stato effettivamente uno stupro non è facilmente definibile, ed è facilmente discutibile». Nessuna azione legale è mai stata intentata da nessuna vittima contro nessuno dei presunti stupratori. L’università si limita a mandare email agli studenti prima dei weekend di festa, come quella spedita ad Halloween, nella quale invitava a «trovare le parole giuste che conducono a un sesso consensuale e glorioso».

Sabato mattina, sul prato enorme di fronte al Yale Bowl, lo stadio da 61.446 posti dove si è giocato The Game, stracolmo di piatti di carta sporchi e bicchieri di plastica vuoti, in mezzo a studenti con la faccia dipinta di Blu (quelli di Yale) e di rosso (quelli di Harvard), che bevono e ballano fino allo sfinimento, chiedo a un ragazzo cosa sa del date-rape e mi risponde: «Ne sono stato vittima. Ma chi se ne frega: l’importante è fare sesso». Barcolla, poi si accorge che ho in mano un registratore ed entra nel panico. «Cancellalo» urla. «Non puoi distruggermi la carriera! ». Quale? «Sto per avere successo». Dove? «Non lo so, che diavolo importa». Mi fissa con occhi annacquati: «Io diventerò ricchissimo». Jeffrey assiste alla scena. Si è laureato nel 2008 in Filosofia ed è tornato a Yale per due giorni, come altri centinaia di ex alunni, il giorno del derby. «Anch’io sono venuto qui con il mito americano della Upper-mobility (mobilità in ascesa nella scala sociale), che spesso si traduce in un bisogno di accumulare senza senso».

Zach ora sa bene cosa cerca, ma lo ha scoperto solo dopo una violenta depressione: «Sono stato sei mesi in cura psichiatrica. Non riuscivo più a sostenere la mole di lavoro e non riuscivo a smettere di pensare, finché una notte ho avuto il primo attacco maniacale, con visioni spaventose ». È alto, magrissimo, con gli occhi piccoli e scavati. È al terzo anno di Studi Ambientali e vive insieme al suo migliore amico, Ric, fotografo di origini cubane, e altri quattro in una casa a due piani, con i bagni sporchi e un’immagine di Gesù in salotto. La camera di Ric è il loro rifugio: una mansarda strapiena di classici della letteratura che divorano, vestiti ovunque, e una gabbia per conigli. «Quello nero è Beauty. L’altro, Justice». Accanto al letto sfatto, c’è un pupazzetto rosa simile ai tanti trovati nelle stanze di Yale, teneri, che niente hanno a che fare con la mascotte dell’università, il Bulldog, che li vorrebbe forti e aggressivi . «Sono felice di aver toccato il fondo. Ora so che tutto quello che sto imparando voglio usarlo per rendere migliore Staten Island, dove sono cresciuto».

Sogna la costruzione di un maneggio nel quale sua madre potrà lavorare con i bambini autistici, grazie all’aiuto di alcuni amici. È l’idealismo, il volto radioso di Yale. Che qui si traduce in azione. Grazie allo spazio, prima di tutto: gli studenti possono organizzarsi in società segrete, gruppi e unioni, in palazzi del Settecento enormi dove fanno riunioni di ore. Hans è un attivista dell’Undergraduate organizing committee a difesa dei sindacati di Yale. E insieme ad Anida, Jesse, Max e Aaron fa anche parte della St. Anthony hall, una società segreta dedicata alla "crescita personale e intellettuale". C’e chi lotta con il Women’s group contro i daterape facendo campagne di sensibilizzazione. Chi appartiene al gruppo dei transgender (Yale è la più liberale tra le otto Ivy League) o a quello dei monarchici, che si vestono in giacca e cravatta e bevono Porto. Jesse ha vinto una borsa di studio in Letteratura, lavora alla radio di Yale come direttore di programma, suona musica elettronica e anche il piano, il mandolino e la chitarra. Dopo Yale sogna di lavorare alla radio Npr.

Max, che ha lasciato West Point dove ha imparato lo swahili, e considera Yale "una passeggiata" in confronto all’Accademia militare, vuole diventare ambasciatore americano in Africa. Pochi hanno le idee chiare su cosa faranno dopo. Ma tutti sanno di essere qui «per diventare la miglior versione possibile di se stessi». L’ultimo giorno, dopo la sconfitta di Yale contro Harvard, nella stanza di Aaron, studente al terzo anno di Studi ambientali, mentre si discuteva del mito di Prometeo - perché con loro si parla di tutto, per ore - qualcuno si è alzato e con rotoli di scotch colorato ha disegnato sul muro un albero con una mela rossa. Quel che conta, dice Aaron, si trova lì: «sotto a un Albero della conoscenza, fatto di nastro colorato».

di Assia Baudi di Selve - foto Gaia Light

Foto
Fonte: corriere.it



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05/12/2009 12:24


"Sono stato sei mesi in cura psichiatrica. Non riuscivo più a sostenere la mole di lavoro e non riuscivo a smettere di pensare, finché una notte ho avuto il primo attacco maniacale, con visioni spaventose"



Chissà che tremendi questi "studi ambientali". [SM=g1944738]
Io ho avuto lo stesso attacco psicotico durante commerciale. [SM=g1944682]
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