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Università, Italia esclusa dalle migliori al mondo

Ultimo Aggiornamento: 26/10/2009 18:29
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08/10/2009 14:52

Tra le prime cento università del mondo non figura nemmeno un ateneo italiano. Nella hit parade delle migliori università del mondo, stilata annualmente dal Times Higher Education, per trovare un ateneo italiano bisogna arrivare al 174° posto. L’unica università del Belpaese presente nelle top 200 è, infatti, l’Università di Bologna che si piazza, appunto al 174° posto, prima della Sapienza, la più grande università italiana, ferma al 205° gradino, come lo scorso anno.

Le migliori università del pianeta Mantiene saldamente il primo posto Harvard, seguita da Cambridge e da Yale, che passa dal secondo al terzo posto. Il quarto in classifica è un altro ateneo britannico l’Ucl (University College London), seguito da Oxford che si conferma al quinto posto, ex equo con l’Imperial College London. Seguono a ruota la University of Chicago e l’ateneo di Princeton, il Massachusetts Institute of Technology e il California Institute of Technology, in decima posizione. L’Australia, arriva al 17° posto con l’Australian National University, seguita dal Canada in 18° posizione, la Svizzera con l’Eth Zurich, ottiene la 20ma posizione e il Giappone con l’University of Tokyo la 22ma. La francia compare al 28° posto con l’Ecole normale Superieure di Parigi mentre al 30° posto compare la National University of Singapore. Meglio dell’Italia anche la Corea che, con l’Ateneo di Seul si colloca in 47° posizione.

Le posizioni più alte Ci hanno superato anche la University of Adelaide dell’Australia, che si colloca all’81° posto, la Nagoya del Giappone al 92°, e Taiwan al 95°. Meglio di noi anche l’India con l’Indian Institute of Technology di Bombay, 163° in classifica, la Russia con il Saint-Petersburg State University, 168° e la Spagna con l’Università di Barcellona che è 171° in classifica. Dopo i primi scaglioni, al 205° posto si trova La Sapienza, che, rispetto allo scorso anno rimane stazionaria. Ormai giunta alla sesta edizione la classifica è usata non solo da studenti e genitori per scegliere il percorso di studio migliore, ma anche dalle aziende per identificare le università dalle quali assumere neolaureati e dagli accademici per selezionare le istituzioni dove lavorare e quelle con cui formare collaborazioni.

www.ilgiornale.it
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09/10/2009 00:13

UNIVERSITA': MIUR, TROPPE SEDI E CORSI PESSIMA PERFORMANCE

(AGI) - Roma, 8 ott. - "Novantacinque universita'; 320 sedi distaccate; 37 corsi di laurea con 1 solo studente; 327 facolta' non superano i 15 iscritti". Il ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca fornisce oggi una serie di dati "che spiegano i motivi della pessima performance dell'Universita' italiana nella classifica del 'Times'. "Nel 2001 i corsi di laurea erano 2444, oggi 5500. In Europa sono la meta'; 170.000 le materie insegnate , contro una media europea di 90.000". "Si impiegano le risorse per aumentare il numero dei corsi, delle materie e delle sedi distaccate senza puntare su una moderna didattica e senza tenere conto delle reali esigenze del mercato del lavoro".
[Modificato da !LULLABY! 09/10/2009 00:13]
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09/10/2009 00:16

Oggi ne ho parlato a un paio di studenti che hanno reagito abbastanza negativamente alla notizia, anche perché secondo molti ci sono fin troppe classifiche che dicono tutto e il contrario di tutto.
Wè ragazzi... i dati sono questi! Guardarli e zutti! [SM=g1944682]

Ecco un altro articolo più esplicativo:

Le grandi università statunitensi stanno perdendo colpi, incalzate dall'avanzata degli atenei asiatici ed europei che stanno dando vita a nuovi epicentri della ricerca e dell'apprendimento. Lo rivela la nuova classifica del Times sui migliori atenei del mondo.

Una graduatoria che, purtroppo, vede l'Italia ancora ai margini, con una sola università, l'Alma Mater di Bologna, tra le prime 200 in classifica al 174esimo posto, mentre La Sapienza di Roma resta al 205esimo posto come lo scorso anno. Se l'Alma Mater ha accolto con una certa soddisfazione il 174mo posto - rispetto all'anno scorso ha scalato 18 posizioni, grazie anche - ha spiegato il rettore Pier Ugo Calzolari - all'incremento della quota di studenti e accademici stranieri (rispettivamente +14% e +16%) e al miglioramento delle performance in alcune aree disciplinari, tra cui spiccano scienze naturali, scienze sociali e discipline umanistiche - con ben altro spirito ha accolto il piazzamento il ministero dell'Istruzione.

"La classifica del Times - ha osservato il ministro Gelmini - conferma clamorosamente che il sistema universitario italiano va rivisto con urgenza. Presenteremo a novembre la riforma, con l'obiettivo di promuovere la qualità, premiare il merito, abolire gli sprechi e le rendite di posizione". "E mi auguro - ha aggiunto il ministro - di non dover più vedere in futuro la prima università italiana al 174mo posto". Eppure di potenzialità i nostri atenei ne hanno. Ne è convinto il presidente della Conferenza dei rettori, Enrico Decleva, che invita però a non disperderle. Fa pure notare come la classifica del Times, comunque, penalizzi particolarmente i nostri atenei perché tra gli indicatori utilizzati non prevalgono quelli riferiti alla produzione scientifica, per la quale le performances italiane non sono niente male. Ad ogni modo al primo posto della classifica annuale del Times Higher Education (THE, una pubblicazione del Times) resta anche quest'anno Harvard, seguita però al secondo posto da Cambridge, che ha relegato questa volta Yale al terzo posto.

L'erosione degli atenei statunitensi in favore di quelli britannici continua con l'ascesa dell'University College London dal settimo al quarto posto e dell'Imperial College di Londra dal sesto al quinto. Cala invece di una postazione Oxford, che lo scorso anno era quarta in classifica e si trova ora al quinto posto a pari merito con l'Imperial College. Un'occhiata alle prime 100 rivela inoltre che il numero di atenei nordamericani in classifica è sceso da 42 a 39, mentre le università europee sono salite da 36 e 39 e le asiatiche da 14 a 16. La classifica del THE è stata stilata seguendo sei parametri principali: il giudizio degli accademici, le citazioni che i ricercatori ricevono nelle pubblicazioni accademiche, l'opinione delle aziende, il rapporto numerico tra professori e studenti, il calcolo delle presenze straniere ed il grado di internazionalizzazione.

La classifica differenzia anche tra i diversi indirizzi e specialità. In questa sezione, l'Europa - e anche l'Italia - riporta i risultati migliori. Al primo posto per le scienze sociali è infatti la London School of Economics, mentre per l'ingegneria è l'Ecole Normale superieure di Parigi. La Sapienza di Roma si è guadagnata il 25esimo posto in classifica tra le facoltà di scienze naturali, il Politecnico di Milano il 57esimo per ingegneria, la Bocconi il 68esimo tra quelle di economia e l'Alma Mater il 51esimo tra le facoltà di lettere e arte e il 72esimo tra quelle di scienze economiche e sociali. Una menzione particolare nel rapporto del THE la meritano infine Giappone, Hong Kong, Corea del Sud e Malesia: le università di questi Paesi continuano infatti a guadagnare punti e, secondo Philip Altbach, direttore del Centre for Higher Education del Boston College, non si tratta soltanto di maggiori investimenti, ma anche di visibilità a livello internazionale.

Afferma Altbach: "Hanno internazionalizzato le loro università ingaggiando parte del loro corpo insegnante all'estero e questo serve ad aumentare la loro visibilità. Hanno anche sottolineato l'importanza di pubblicare le loro ricerche su riviste internazionali, aumentando anche in questo senso la loro visibilità". Una dimensione, quella internazionale, in cui gli atenei italiani restano ancora molto indietro: in Italia solo il 2% ed il 4% degli studenti e dei ricercatori rispettivamente proviene da un altro Paese.

ANSA
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11/10/2009 00:25

Con tutto il bene che dicono dell'università di Bologna si dice anche che gli esami siano davvero all'acqua di rose.
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11/10/2009 01:49

Ah io non ne so niente e non mi immischio. [SM=g1944682]
Gli studenti sono piuttosto suscettibili riguardo la loro università. [SM=g1944687]
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20/10/2009 12:01

Ah ah sì ho notato...sempre divisi in tutto, eh?
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20/10/2009 20:11

Che vergogna.
Hanno il coraggio perfino di combattersi fra università private.
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20/10/2009 20:44

Beh, soprattutto direi...quando ci sono di mezzo gli interessi è ancora peggio.
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21/10/2009 11:11

Ho sentito che l'Alma Mater sta diventando anche telematica, qualcuno sa qualcosa?
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Post: 23.709
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21/10/2009 11:33

Non c'è scritto nulla a riguardo:

www.unibo.it

Dove l'hai sentito?
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24/10/2009 18:59

Ecco la dichiarazione del Presidente CRUI Enrico Decleva in merito alla classifica del Times:

The Times Higher Education, ranking 2009
Il rito annuale delle classifiche

Ad ogni inizio d’autunno la classifica del The Times Higher Education arriva puntualmente a ricordarci quanto il sistema universitario italiano sia indietro rispetto agli standard di eccellenza mondiali. E ogni anno è peggio.

Forse sarebbe anche il caso di interrogarsi sugli indicatori che producono quella particolare classifica: fatti apposta per valorizzare una particolare tipologia di università. Quella statunitense e anglosassone, assunta come modello anche dai paesi asiatici che stanno ottenendo i risultati più brillanti. Delle 200 università classificate come prime nel mondo, quelle dei paesi europei non di lingua inglese sono in effetti meno di 40, e una sola è italiana.

Un risultato di cui tenere conto, ovviamente. Ma è anche vero che altre classifiche internazionali ci danno risultati più favorevoli. Quando prevalgono, tra gli indicatori usati, quelli riferiti alla produzione scientifica, la nostra collocazione è decisamente migliore. Certamente, non occupiamo i primissimi posti. Ma con quello che il Paese investe, e tenuto conto di alcune indubbie criticità o negatività che ci affliggono, sarebbe sorprendente il contrario.

Non è un caso che le università europee presenti nella classifica del Times appartengano tutte (con l’eccezione dell’Università di Atene, in classifica poco sotto quella di Bologna, che ha comunque migliorato la sua posizione) a paesi come la Svizzera, la Germania, la Francia, la Svezia, l’Olanda, per non dire del Regno Unito, che considerano, da decenni, l’alta formazione e la ricerca come settori strategici in cui impegnarsi a fondo.

Il peggior uso possibile, in Italia di classifiche come quelle del Times sarebbe quello di avvalersene come alibi per non fare nulla o per non fare quanto sarebbe necessario. Lasciando ulteriormente disperdere potenzialità che indubbiamente ci sono, e rilevanti.
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Post: 23.709
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26/10/2009 18:29

Impegnarsi a fondo... quello che manca in Italia.
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