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Università, scatta la rivoluzione del saper fare. Ecco il nuovo test

Ultimo Aggiornamento: 12/03/2014 01:49
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11/03/2014 18:58

Il questionario è stato somministrato a 6000 studenti degli ultimi anni ma potrebbe essere adottato come strumento per indirizzare i futuri laureandi verso gli studi giusti

Numeri o lettere? Analitici o teorici? I laureandi italiani non hanno mezze misure, e quindi chi ha una buona competenza scientifica e una forte capacità di sviluppare calcoli razionali, non avrà buoni risultati nella lettura, nell’analisi dei testi, nelle argomentazioni. E viceversa. Colpa dell’effetto Croce-Gentile, ovvero di una radicata divisione delle competenze tipica della nostra cultura italiana. A dirlo è «Teco», un nuovissimo test sperimentato da Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, su 6000 studenti volontari del terzo e quarto anno di 12 università italiane: Piemonte orientale, Padova, Milano, Udine, Bologna, Firenze, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Napoli Federico II, Salento, Cagliari, Messina.

Generic skills
Nuovo e originale perché per una volta a essere misurate non sono le fredde nozioni, ma le competenze: quelle generic skills che sono sempre più importanti nel mondo del lavoro, e che indicano le capacità degli studenti di affrontare situazioni personali e collettive, contesti socio-economici e lavorativi non noti a priori, utilizzando in ambiti inediti conoscenze, abilità e competenze: tra queste la capacità di leggere e analizzare un testo mai visto prima, anche in presenza di grafici e simboli quantitativi; quella di risolvere problemi nuovi prendendo decisioni rapide; di comunicare in maniera efficace sia a voce che per iscritto.

Irregolarmente verso la meta
Anche chi si laurea in corso, arriva al traguardo senza seguire necessariamente un percorso lineare, tutt’altro. Solo il 14-19%, quindi una minoranza, degli studenti del terzo e quarto anno ha completato tutti i crediti di base e caratterizzanti, con la conseguenza che può accadere che quasi due terzi dei laureati entro il terzo anno accademico della triennale consegue il titolo completando i corsi fondamentali solo nei sei mesi prima.

Gli aspiranti medici? Sono i più bravi
I risultati migliori nei test li hanno avuti gli studenti di Medicina, seguiti a ruota da quelli di Matematica, Fisica, Statistica e Psicologia, ovvero facoltà dove l’accesso è limitato attraverso un test iniziale oppure attraverso una sorta di autoselezione, per cui in genere queste facoltà vengono scelte solo dagli studenti con voti più alti e con grosse motivazioni alle spalle. Filosofi, storici, giuristi, biologi e ingegneri superano la media, senza brillare. I peggiori? Purtroppo gli studenti iscritti a Scienze della formazione, ovvero coloro che - essendo destinati a diventare maestri e maestre -dovrebbero invece esibire performance migliori.

Il futuro (prossimo)
Quale potrebbe essere il ruolo di Teco? Quello di studiare i ragazzi che vogliono iscriversi all’università, per testare le loro competenze generali ed eventualmente spingerli a prepararsi meglio prima di affrontare i difficili studi universitari, per limitare così l’abbandono o i ritardi del percorso. «Chi non avesse i requisiti dovrebbe ottemperare ad una serie di obblighi formativi nel primo anno di corso per colmare le lacune - spiega Fiorella Kostoris, coordinatrice della sperimentazione e membro del Consiglio direttivo Anvur- Se questa norma venisse adottata, la verifica delle competenze iniziali potrebbe venire realizzata con strumenti come il Teco». Il tutto nell’ottica di indirizzare e formare meglio i laureati del futuro. Superando i test di accesso, tanto contestati dagli studenti universitari, e provando un approccio più pragmatico, che ha già avuto molto successo nei college americani.

Leggi il rapporto Teco

Valentina Santarpia

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12/03/2014 01:49

Mi sembra un'idea non proprio brillante, in pratica vorrebbero aumentare la qualità della preparazione degli studenti italiani portando sullo stesso piano vari tipi di conoscenze (per esempio quelle scientifiche con quelle letterarie). Facendo questo però non solo perdono tempo ma fanno anche danno perchè il vero problema della preparazione degli studenti italiani non sta nella non completezza del sapere ma nella didattica spesso ridicola che hanno alcune università.
Se pensiamo che degli atenei "istruiscono" su riassunti di riassunti che preparazione dovrebbero avere i loro laureati?
La domanda quindi è: vogliamo tenere d'occhio alcune università poco serie piuttosto che scaricare sempre la responsabilità sul singolo studente? E' esattamente quello su cui spinge la nostra ASUM.
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