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"Addio carriera a Milano, adesso coltivo riso per fare il sushi"

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2012 23:55
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02/12/2012 21:25

Dal posto fisso all'ospedale "Fatebenefratelli" all'azienda agricola nel Novarese

Quando il direttore dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano l’ha chiamata per comunicarle che dopo due anni di contratto a termine come impiegata amministrativa, la direzione aveva deciso di assumerla a tempo indeterminato, lei ha risposto ferma e gentile: "Grazie, ma non mi interessa più". E ha dato le dimissioni, malgrado le insistenze del direttore stupefatto che non capiva, visto che Elena Lovati aveva partecipato e vinto il concorso per quel posto di lavoro, abbandonando l’Università Cattolica alle soglie della laurea. Racconta Elena: "Giurisprudenza, tutti gli esami superati, mi mancava solo di discutere la tesi, che avevo già quasi terminato, sull’obiezione di coscienza. Ma volevo trovare un impiego e così ho partecipato al concorso, all’insaputa dei miei genitori".

In realtà Elena era forse alla ricerca di se stessa o di qualcosa di più concreto, che andasse oltre la toga di avvocato o il lavoro impiegatizio, le lunghe pause dei colleghi e delle colleghe per il caffè, dello scontato augurio di "buon weekend". Quella terra promessa inseguita per anni a Milano l’ha ritrovata tra le risaie del Novarese, nella cascina "Cavallina" dei genitori a Borgolavezzaro, 210 ettari coltivati a riso, nel cuore della Bassa Novarese.

E’ qui, tornando a casa, nella provincia da dove è partita, che Elena, oggi coltivatrice diretta e moglie di un farmacista, ha riscoperto non solo le radici, ma la vocazione sopita: imprenditrice agricola. Che interpreta con una passione senza limiti, al punto da essere nota persino nella terra del Sol Levante.
Già, perché la storia di Elena di Borgolavezzaro s’intreccia con l’imprenditoria giapponese: con un gruppo di altri 21 agricoltori del Vercellese e del Pavese lei coltiva un tipo di cereale tutto speciale, il riso da sushi. Una varietà ricercatissima dall’industria agroalimentare giapponese perché utilizzata nei numerosi ristoranti europei dove il sushi ormai va forte. Il riso, lo "Yume", è ricco di amido e si amalgama molto bene con il pesce crudo, appunto il sushi. Ma deve essere coltivato con tutti i crismi, seguendo un disciplinare rigoroso. Così vuole la Jfce (Japan Food Corporation Europe), l’organizzazione che controlla il grande mercato del riso da sushi in Europa. Tanto che ogni anno la risaia di Elena, come tutte le altre incluse nel programma, è attentamente monitorata da esperti agronomi nipponici: "Da me arriva sempre da Tokyo il professor Honda - dice Elena - e anche quest’anno siamo riusciti a superare il test". Tanto che il suo riso è stato nuovamente apprezzato e acquistato. Non solo: Elena Lovati, con un gruppo di altri quattro coltivatori italiani, è stata selezionata per un viaggio premio in Giappone e là sarà ricevuta dagli esperti dell’organizzazione. Una specie di incoronazione sul campo, nella terra maestra di coltivazione del riso: non è cosa da poco ottenere un riconoscimento di questa portata.
Alla "Cavallina", dove lavorano anche il fratello Luigi e il padre Virginio, il riso da sushi di Elena non è l’unica "stranezza" nella sconfinata risaia che abbraccia il Novarese e la Lomellina. Qui è stato sperimentato anche l’impianto di essiccazione a raggi infrarossi. E il prodotto è stoccato in un grande impianto refrigerato.

Gianfranco Quaglia

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02/12/2012 23:55

Re:
Davide, 12/2/2012 9:25 PM:

Elena Lovati aveva partecipato e vinto il concorso per quel posto di lavoro, abbandonando l’Università Cattolica alle soglie della laurea. Racconta Elena: "Giurisprudenza, tutti gli esami superati, mi mancava solo di discutere la tesi, che avevo già quasi terminato, sull’obiezione di coscienza. Ma volevo trovare un impiego e così ho partecipato al concorso, all’insaputa dei miei genitori".



Sento puzza asfissiante di palla, anzi di pallone aerostatico, ma che dico, di uno show internazionale di mongolfiere!
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