00 27/04/2015 12:21
È una questione un po' complicata.
Se volessimo vederla "dall'alto" allora la spiegazione sarebbe questa: nell'uomo sono sempre stati insiti la sfida e il primeggiare sull'altro, per cui finché ci sarà lo sport dove una squadra perderà e una vincerà ci saranno sempre rivalità e violenze.
Osservando la questione dal lato prettamente "calcistico" (virgolette d'obbligo) c'è da dire che storicamente dei gruppi di tifosi si fanno la guerra in un modo o nell'altro e, se le forze dell'ordine facessero il tentativo del dialogo con queste, sarebbe un'implicita ammissione di fallimento.
Secondo me è la stessa questione del femminicidio: bisognerebbe educare i bambini fin dalle elementari ad amare l'italiano come un fratello al di là del suo accento e della sua provenienza e bisognerebbe sminuire la "fede calcistica", spiegando che nella vita le cose importanti sono altre (siamo l'unico paese non patriottico del mondo e lo diventiamo solo quando gioca la nazionale, è assurdo e alle altre nazioni fa comodo così).
Un giorno un ragazzo napoletano che stava per ottenere il tesserino da giornalista (pubblicista) mi ha detto: "Ma come fai a vivere a Verona che hai un nome ebreo?", ecco, io lì per lì sono rimasto esterrefatto, ma quel giorno ho capito che tante incomprensioni e soprattutto la violenza nascono dall'ignoranza e dall'associazione città-tifosi che abbiamo solo in Italia.