Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar
Un anno fa l’università di Torino è stata travolta da uno scandalo. Il Tar del Piemonte, accogliendo il ricorso di una candidata per l’ammissione alla scuola di specializzazione di Medicina Legale, aveva annullato il concorso. La candidata, intervistata dalla Stampa, rivelava: «Mi hanno bocciata perché mi sono rifiutata di continuare a soddisfare sessualmente il presidente della commissione».
Nell’occhio del ciclone finì il professor Paolo Tappero, settantenne direttore della scuola e docente fino a quel momento nemmeno chiacchierato. La procura della Repubblica aprì un fascicolo «atti relativi a», che per ora non sembra avere indagati.
Nel frattempo, però, lo scenario è cambiato. Il Consiglio di Stato, nei giorni scorsi, ha accolto il ricorso presentato dal ministero e dall’Università di Torino e ha ribaltato la decisione del Tar del Piemonte.
I giudici torinesi avevano annullato il concorso sostenendo che la commissione d’esame aveva dato un voto basso alla candidata senza indicarne i motivi. Non solo: una successiva relazione inviata dall’università era stata considerata dai giudici amministrativi come un tentativo, arrivato dopo, di introdurre surrettiziamente quegli stessi criteri.
Il Consiglio di Stato non è stato dello stesso parere. Anzi. Secondo i giudici romani i criteri di valutazione dei candidati erano stati enunciati addirittura prima del concorso. Erano infatti indicati tanto nel bando quanto nel decreto ministeriale che individua le modalità di ammissione dei medici alle scuole di specializzazione. Non solo: le motivazioni successive inviate dall’università sono state interpretate come una relazione che aveva l’intento di illustrare al Tar l’operato della Commissione.
«Sono stati fugati dubbi e ombre sulle nostre procedure concorsuali - dichiara oggi il rettore Ezio Pelizzetti - Ciò non fa che aumentare la grande amarezza che provammo nell’agosto scorso leggendo le imprudenti e inopportune dichiarazioni di un magistrato che, anziché limitarsi a illustrare eventualmente una decisione presa insieme ad altri colleghi, riteneva di accusare la nostra università di gravi scorrettezze anche in sede di giudizio, e addirittura di tentativi di “ingannare” un’altra amministrazione dello Stato». Il riferimento è al giudice estensore Alfonso Graziano, che rilasciò un’intervista alla Stampa nei giorni successivi alla sentenza.
La decisione del Consiglio di Stato potrebbe non avere solo conseguenze amministrative. È chiaro che, venendo meno l’irregolarità del concorso, potrebbe chiudersi anche l’indagine penale sul professor Tappero. E questo prima ancora che si debba verificare se le dichiarazioni della candidata sull’aspetto boccaccesco della vicenda siano vere o meno.
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