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Amazon Echo, la polizia USA chiede i dati per un caso di omicidio

Ultimo Aggiornamento: 11/07/2017 00:30
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04/01/2017 11:41

Braccio di ferro tra le autorità di polizia americane e Amazon su dati raccolti dalla piattaforma internet of things Echo, che gestisce gli elettrodomestici intelligenti. Ci possono essere indizi utili a trovare l'autore di un delitto

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È vicino il giorno in cui i giudici chiameranno il frigorifero e la caldaia a testimoniare in tribunale, per risolvere il caso di un omicidio. Sembra profilarsi questo futuro, dopo che, nei giorni scorsi, si è scoperto di un braccio di ferro in corso tra la polizia Usa e Amazon per ottenere i dati di Echo, piattaforma internet delle cose (IoT). La polizia ritiene che questi possono essere utili a risolvere il caso di un omicidio avvenuto a novembre 2015, quando un uomo (Andrew Bates) è stato ucciso nella vasca da bagno. Principale indiziato, il proprietario della casa: Victor Collins.

Già la polizia, dell’Arkansas, ha potuto scoprire dai dati della caldaia smart di Collins che c’è stato un anomalo consumo di acqua dall'una alle tre di notte. Forse per lavare il sangue? Già questa informazione così precisa sarebbe difficile da ottenere con apparati domestici analogici; ma da Echo la polizia spera di avere qualcosa di più: le registrazioni sonore di quella notte.

I microfoni di Echo infatti sono sempre attivi. Così possono mandare comandi agli elettrodomestici quando sentono pronunciare alcune parole chiave. Le registrazioni passano dai server di Amazon, che elaborano la richiesta dell’utente. Il punto è che a volte Echo registra qualche parola per errore, all’insaputa dell’utente.
Amazon finora si è rifiutato più volte di fornire queste registrazioni, temendo di indebolire la fiducia dei propri utenti. Aziende come Amazon e Google, che vi stanno investendo, devono combattere l’idea che l’internet delle cose sia una minaccia per la nostra privacy.

La storia ricorda lo scontro avvenuto tra Apple e Fbi per sbloccare l’iPhone di un terrorista e quindi avere accesso ai suoi dati. Ma c'è adesso un salto di qualità, perché con l’internet delle cose ogni oggetto (o quasi) può contenere dati rilevanti per gli inquirenti. Insomma, c’eravamo appena abituati all’idea che i nostri dispositivi - cellulari e computer - possono rivelare informazioni utilizzabili contro di noi e già dobbiamo fare i conti con il fatto che questo può valere per tutte le cose. Dalla caldaia, all'auto, alla tv, al frigorifero, appunto, perché tutti questi oggetti sono ormai dotabili di connessioni e sensori. In alcuni casi (vedi già con le smart tv o auto connesse) diventerà sempre più difficile poterne fare a meno; l’alternativa ''analogica'' e non connessa potrebbe diventare presto molto svantaggiosa o sparire del tutto.

In questi casi si fronteggiano due scuole di pensiero. Chi sostiene che gli inquirenti hanno diritto a mettere le mani sui dati degli utenti, dovunque essi siano. E chi invece teme così una scivolosa china: ossia che di questo passo i produttori siano costretti a fornire allo Stato un modo per accedere ai dati sempre e comunque, anche aggirando le protezioni dell’utente e l'eventuale crittografia. Con il rischio, in questo modo, di indebolire la sicurezza del dispositivo anche nei confronti di accessi illegali (di criminali informatici) o comunque lesivi dei diritti democratici.

È una fase delicata, di passaggio. Una fase in cui gli Stati tendono a potenziare le norme per intercettazione e sorveglianza sugli utenti (di recente l'ha fatto Regno Unito). E in cui sono poche e di dubbia efficacia le voci istituzionali di senso opposto (si veda la Corte di Giustizia europea sulla data retention, nei giorni scorsi o i Garanti Privacy Ue). In questa situazione, la differenza può farla anche l’esito del braccio di ferro tra autorità di polizia e vendor tecnologici; anche se può essere considerata una stortura anche il fatto di assegnare a loro questo ruolo di baluardo della nostra privacy (o del nostro diritto a una corretta informazione), nel silenzio della politica.

Alessandro Longo

www.repubblica.it

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05/01/2017 02:08

Re:
Il problema secondo me non è quello delle due scuole di pensiero come viene detto nell'articolo. Il punto è: ma siamo sicuri che queste informazioni registrate su server Amazon, Google, eccetera siano tenute private? Lo spero ma non metterei mai a casa un megamicrofono capace di sentire tutto quello che dico, già i comandi vocali del cellulare mi danno fastidio. [SM=g1944710]
Cmq queste sono cose troppo complesse da giudicare perchè i parenti delle vittime saranno sempre in prima linea per recuperare informazioni di quel tipo mentre i vertici di Amazon, Google, Apple, eccetera si batteranno fino all'ultimo per non divulgarle e perdere clienti.

Davide, 1/4/2017 11:41 AM:

È vicino il giorno in cui i giudici chiameranno il frigorifero e la caldaia a testimoniare in tribunale, per risolvere il caso di un omicidio.



Che c[SM=g1944798]a!!!!!!!!!!!!!! [SM=g1944682]
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11/07/2017 00:30

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