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A Torino la scuola di sopravvivenza per giornalisti freelance e fotoreporter di guerra

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2016 02:35
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26/07/2016 16:59

Il corso nella sede di Memo, cooperativa di fotogiornalisti di fama internazionale


26/07/2016
PAOLO COCCORESE - lastampa.it

Per l’occasione i Docks Dora si trasformeranno in una strada fantasma di una città in guerra dove gli abitanti vivono schivando le pallottole dei cecchini e il lancio delle granate. Esplosioni, sangue, grida di dolore. Tutto molto realistico, ma ovviamente costruito ad hoc dagli organizzatori del Risc Training course, che fino a venerdì, si svolgerà nel nascente quartier generale di Memo, la cooperativa di fotoreporter di fama internazionale, che ha importato – per la prima volta in Italia – la scuola di sopravvivenza per giornalisti freelance che documentano i conflitti sparsi nel Mondo.

Arriveranno in Barriera di Milano da undici Paesi diversi. Professionisti che hanno alle spalle esperienze lavorative in Siria, Gaza, Ucraina. Fronti che i 24 freelance hanno raccontato con le proprie immagini mettendo a repentaglio la propria vita. Come Sebastian Junger, il fotoreporter che ha fondato l’onlus Reporters Instructed in Saving Colleagues (Risc) dopo aver assistito inerme alla morte di due colleghi sul campo di battaglia libico di Misurata nel 2011. Tornato in patria, decise di lanciare l’organizzazione di beneficenza che offre gratuitamente corsi di formazione per giornalisti che non sono dipendenti della grandi testate e che operano in aree di crisi.

«Dalle rivoluzioni arabe in avanti, il racconto dei maggiori conflitti è affidato quasi esclusivamente a free-lance che li coprono a loro spese e senza nessun supporto», dice Fabio Bucciarelli, torinese, classe 1980, autore freelance di reportage che hanno fatto il giro del mondo. È uno dei fondatori di Memo, che oltre a una rivista web, ha in cantiere la Factory che ad ottobre sarà inaugurata in via Valprato. «Un hub internazionale per fotoreporter – aggiunge -: sarà la sede della rete di professionisti che offrirà supporto pratico e che mira a rafforzare anche la consapevolezza su cosa significa lavorare in zone di guerra».

Percorso che partirà questa mattina con una full-immersion di quattro giorni in cui i partecipanti studieranno come prestare i primi soccorsi in caso di malattie o ferite, come diagnosticare un infarto, difendersi da un’ipotermia ed evitare la morte di un collega per dissanguamento. Ma non solo. I reporter – a cui sarà consegnato alla partenza un reale kit di sopravvivenza con garze, bende e tuta protettiva – studieranno come affrontare lo stress post-traumatico al rientro. E, soprattutto, come muoversi tra le insidie di un reale scenario di battaglia: venerdì i cortili dei Docks saranno trasformati con fumogeni, petardi e sagome insanguinate in una piccola Aleppo.


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27/07/2016 00:25

Ci vai?
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27/07/2016 14:46

No. A parte che lavoro ma sai quanto sono impressionabile, figurati! [SM=g1944736] il reporter di guerra non è il mio mestiere. Ma neanche di cronaca...
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Admin
27/07/2016 14:50

Capisco...
Ma se vogliono rendere tutto realistico perché non mettono i giornalisti in uno stanzino e "ci danno" una "bella" smistragliata urlando "DOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOODGE!!!"? [SM=g1944849]
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03/08/2016 02:32

Presa da Dragon Ball Abridged o sbaglio? [SM=g1944682]
Secondo me nelle scuole di giornalismo dovrebbero insegnare prima di tutto la grammatica italiana e poi ad avere rispetto per il lettore che è una persona che si fida di te e che vuole essere informata, non un coglione da indottrinare.
I reporter di guerra? Sono martiri di cui nessuno parla, se vi dico Andrea Rocchelli vi viene in mente niente?
Certo che non vi viene in mente niente, ci sono di mezzo segreti di ben 3 stati.
Reporter di guerra con un corso? Macchè, queste sono cose per cui nasci e probabilmente muori.
Il 90% dei sedicenti reporter di guerra sono fenomeni strapagati che stanno dietro 8 cordoni di sicurezza e fanno finta di fare il servizio. [SM=g2481073]
[Modificato da Iuzzolino 03/08/2016 02:35]
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