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"Il diritto all'oblio va contro la storia". Vallanzasca tra Google e Wikipedia

Ultimo Aggiornamento: 17/04/2018 14:13
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08/08/2014 13:47

La richiesta: il mio nome non sia legato alle pagine sul bandito e Mountain View la accontenta. L'enciclopedia: immorale

Il diritto all'oblio contro il diritto all'informazione. A sollevare l'ultima polemica nella diatriba tra chi desidera vedere cancellato il proprio nome dai motori di ricerca e chi, invece, ricostruisce sul web la biografia di personaggi della storia e della cronaca, sono stati quelli di Wikipedia. Sul sito della Wikimedia Foundation, che gestisce l'enciclopedia online, sono state pubblicate le notifiche con cui Google ha fatto sapere di avere oscurato alcuni link a Wikipedia su determinate ricerche.

Senza svelare il nome dei richiedenti, il colosso di Mountain View ha spiegato come per rispetto alla sentenza della Corte di giustizia europea che garantisce il diritto all'oblio (a seguito della quale Google ha ricevuto oltre 90mila domande di rimozione), almeno cinquanta pagine dell'enciclopedia hanno già subito questo trattamento. Quarantasei appartengono alla Wikipedia olandese: tra queste compare più volte il nome del giocatore di scacchi Guido den Broeder, una riguarda la voce in inglese su Gerry Hutch, irlandese incarcerato negli anni 80, mentre una pagina rimanda a una fotografia del musicista Tom Carstairs che suona la chitarra. Due segnalazioni riguardano anche pagine italiane: quella del gangster milanese Renato Vallanzasca e quella della sua banda, la banda della Comasina.

Come spiegato nelle notifiche, la decisione di Google non ha comportato la scomparsa di queste pagine dal motore di ricerca: i cinquanta link sono "oscurati" solo quando l'utente inserisce il nome della persona che ha chiesto la rimozione. Le voci wikipediane, infatti, rimangono vive e vegete oltre ad essere ancora raggiungibili tramite il motore di ricerca, ad esempio utilizzando altre parole chiave che non contengano il nome di chi non vuole più essere associato alla storia, nella fattispecie, del bandito. Nel caso italiano, a inviare la richiesta non è stato Vallanzasca (così hanno spiegato i suoi avvocati, e in effetti digitando il nome del gangster il primo risultato è proprio quello di Wikipedia), ma più probabilmente qualcuno che non vuole essere associato alle vicende di quegli anni. Sul nome, però, da Google mantengono il più stretto riserbo, anche perché altrimenti sarebbe violato il diritti alla privacy dell'individuo secondo la decisione della Corte.

Dalla Wikimedia Foundation lanciano un allarme per la difesa della libertà della rete. "I risultati di ricerca accurati stanno scomparendo dall'Europa - ha dichiarato Lila Tretikov, informatica di origini russe e direttore esecutivo della fondazione - senza nessuna spiegazione pubblica, nessuna prova reale, nessun controllo giurisdizionale e nessun processo d'appello. Il risultato è un luogo in cui le informazioni scomode semplicemente scompaiono". Parole a cui ha fatto eco Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, durante la conferenza annuale Wikimania che si è svolta a Londra: "La storia è un diritto umano. Io sto sotto i riflettori da un bel po' di tempo, alcune persone dicono di me cose belle e altre cose brutte. Ma questa è storia e non userei
mai un procedimento legale come questo per cercare di nascondere la verità. Credo che ciò sia profondamente immorale".
Anche Google aveva mostrato tutta la sua contrarietà alla decisione della Corte europea per bocca di David Drummond, chief legal officer dell'azienda californiana: "Non siamo d'accordo con la sentenza, è un po' come dire che un libro può stare in una biblioteca, ma non può essere incluso nel suo catalogo. Ovviamente, però, rispettiamo l'autorità della Corte e facciamo del nostro meglio per attenerci alle sue decisioni".

Luca De Vito

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