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[Marconi] Cosa c'è (e dovrebbe esserci) dietro l'attacco anti-direttorio di Frattini

Ultimo Aggiornamento: 11/10/2011 18:09
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11/10/2011 18:09

Le proteste di ieri del ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, contro il rischio di un direttorio franco-tedesco di fronte alla crisi del debito europeo, ha suscitato in Italia molto frastuono mediatico (duole fare presente che nelle edizioni online dei maggiori giornali dei paesi interessati, Francia e Germania, le proteste italiane hanno suscitato molto meno interesse).

Tutto ha avuto inizio quanto nel tardo pomeriggio di ieri il ministro Frattini ha dichiarato che “una situazione globale non si risolve con assi bilaterali e basta con ritardi e rinvii, perché possono condurre al fallimento della Grecia con effetti devastanti per tutta la Ue”, criticando così non solo il direttorio, ovvero le decisioni assunte su crisi del debito e dell'euro tra Parigi e Berlino nel summit Merkel-Sarkozy di Domenica, ma soprattutto il rinvio richiesto dai due, e subito ottenuto, del Consiglio Europeo previsto per il 17 Ottobre e spostato al 23 Ottobre prossimo. Uno slittamento che peraltro avviene perchè Parigi e Berlino non sono d'accordo dove andare a prendere i soldi per aiutare le banche franco-tedesche: se farlo dal neo-nato fondo di stabilizzazione Efsf o dalle casse nazionali con aiuti diretti.

Dal Quai d’Orsay si è risposto all'attacco di Frattini, negando l’esistenza di alcun direttorio; mentre dall’Außenministerium, il ministero degli affari esteri di Berlino non si sono fatti problemi a dare il senso pieno della situazione: Francia e Germania si riuniscono perché economicamente contano di più. Non fa una piega? Beh, di pieghe più di una. In primis perché sarà pur vero che Germania e Francia metteranno sicuramente quote maggiori nel fondo di stabilizzazione, l’Efsf, rispetto a quelle di tutti gli altri paesi dell’UE, ma è altrettanto vero che l’Europa non è un’azienda. Un’affermazione che racchiude in nuce l’interpretazione che fonti de l’Occidentale alla Farnesina danno delle parole di Frattini.

“L’Europa non è un consiglio di amministrazione, dove ‘chi mette di più, conta di più’. E’ un consesso politico ove le decisioni vengono prese collegialmente. Ognuno mette delle risorse compatibilmente con le proprie disponibilità, ma ciò non fa venir meno il senso di una condivisione della decisione, assunta appunto collegialmente”. D’altronde si fa notare, “la crisi dell’euro è un problema di tutti, non di due soli Stati. Anche l’Inghilterra ha manifestato le stesse preoccupazioni, e come noto, sta fuori dall’euro”.

E seppure si accettasse il teorema in base al quale l’incontro franco-tedesco di Domenica sia stato un momento per discutere solo dei problemi degli istituti di credito d’oltralpe e renani, continuano alla Farnesina , “non è accettabile che in ossequio alle esigenze di due paesi, siano essi pure i due maggiori, si sia ritardato un Consiglio europeo così decisivo come quello del 17 Ottobre, oggi slittato al 23. E questo solo perché il presidente Sarkozy e la cancelliera Merkel non sono ancora sicuri dove prendere i soldi per salvare le proprie banche. Una settimana di troppo può essere fatale per la Grecia”.

Un’uscita pubblica quella del ministro Frattini che pone un grande interrogativo all’Italia: che proposte portare al prossimo Consiglio Europeo del 23 ottobre su salvataggio Grecia, ricapitalizzazione delle banche e crisi dell’euro? Il prof. Paolo Savona, economista e docente di geopolitica economica all’Università Guglielmo Marconi di Roma, intervistato da l’Occidentale sulle proteste del ministro Frattini, la mette così: “Il ministro Frattini fa benissimo a protestare e a dire che i problemi europei non si risolvono a livello bilaterale. Deve difendere il principio di collegialità nel consesso europeo. E’ un principio cardine. Questo, però, sulla carta. Nella realtà - o forse dovremmo dire nella Realpolitik - anche Frattini sa in cuor suo che un accordo bilaterale franco-tedesco è positivo per l’Europa”.

E sulle proposte che l’Italia dovrebbe portare al prossimo Consiglio Europeo, il prof. Savona non si sbilancia: “Come diceva Walter Bagehot (primo direttore del quotidiano The Economist, ndr.), ‘In caso di crisi le banche centrali devono fornire tutta la liquidità che chiede il mercato, nei tempi che chiede il mercato’. Il come lo si fa, è una questione di forma. Abbiamo bisogno di un lender of last resort, un prestatore di ultima istanza”.

Un giudizio quello di Savona che fa il paio con quello dell’on. Giorgio La Malfa, ‘esule’ nel gruppo misto, che dice sulla politica dell’Italia e le dichiarazioni del ministro italiano: “Frattini ha fatto bene a porre la questione, ma tale è il discredito dell’Italia sulla scena internazionale, che non siamo ascoltati”. E sulla possibilità che l’Italia rilanci, facendosi capo del pezzo ‘straccione’ dell’UE, assieme a Spagna, Portogallo e Grecia, il deputato Repubblicano chiosa: “La questione politica è enorme. Ma ciò potrebbe essere fatto solo da una paese forte, non da un paese come l’Italia che rischia di diventare a breve il problema maggiore dell’Europa”.

La Malfa ha però chiare anche le responsabilità politiche dell’attuale crisi europea, che il deputato riconduce all’erronea impostazione di Maastricht: “Per ripartire, l’Europa maggiormente indebitata dovrebbe essere messa in condizione di esportare di più, e questo può essere fatto facendo ‘scivolare’ un po’ il tasso d’interesse dell’euro. La situazione odierna nasce dagli assunti sbagliati del trattato di Maastricht che ha scisso stabilità e crescita, le quali sono invece imprescindibilmente connessi dalla politica monetaria ”. E alla domanda se l’arrivo di Mario Draghi alla testa della Banca Centrale Europea possa allora servire proprio a una svalutazione della divisa unica europea, La Malfa mostra tutto il suo scetticismo: “Quando l’attuale governatore della Banca d’Italia sarà a Francoforte, dovrà mostrarsi più tedesco dei tedeschi, proprio perché italiano”.

E’ chiaro comunque che al centro della polemica, sta una questione non nuova: chi decide nella Ue? La crisi del debito sovrano rischia così di avere un primo effetto domino mettendo a dura prova l'unità politica e le relazioni diplomatiche nella UE. Tant’è che Sarkozy e la Merkel starebbero pensando alla creazione di un ‘Mr. Debito’, dipendente non dalla Commissione europea ma dal Consiglio europeo, ove i rapporti di forza sarebbero inevitabilmente dettati dal peso politico dei paesi maggiori. Ciò che è chiaro è che il risultato netto di tutta la crisi del debito europeo e di riflesso anche dell’euro (ma che è soprattutto crisi di governance), porterà a una politica fiscale comunitaria. Quando finalmente tale tendenza prenderà corpo, saranno rivisti i trattati e in Europa ci sono paesi che già stanno pensando al dopo, come l’Inghilterra.

In tutto questo noioso teatro europeo c’è un dato che emerge. Non un attore coinvolto – da Sarkozy, alla Merkel, da Obama che benedice il direttorio al premier Berlusconi – nessuno di questi leader può vantare uno stato di salute politica tale da dare per scontata la rielezione. Obama è alle prese con uno stato dell’economia disastroso; Sarkozy rischia di prenderle dalla peggiore sinistra – dopo quella di Zapatero – che esista in Europa; Angela Merkel non fa che inanellare sconfitta elettorale su sconfitta elettorale, e Berlusconi, beh, che dire – si permette di stare tre giorni in Dacia mentre il paese va a rotoli. Insomma c’è anche tanta 'politica elettorale' nel sipario europeo. Un ingrediente che rischia di danneggiare ulteriormente la già ammaccata Zona Euro.

Edoardo Ferrazzani

www.loccidentale.it
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