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Lega Calcio, la spaccatura continua

Ultimo Aggiornamento: 12/05/2011 00:28
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23/04/2011 12:58

Le grandi bloccano la delibera che avrebbe permesso alle piccole di ottenere quote maggiori di denaro

La Lega calcio è sempre più spaccata sulla questione dei diritti tv. Le 5 grandi, infatti, confermano la volontà di ricorrere contro la ripartizione dei proventi derivati dalla vendita dei diritti tv, sulla base della così detta Legge Melandri. Il Consiglio della Lega di serie A, inoltre, ha dichiarato non eseguibile la delibera votata dall'assemblea di una settimana fa con la quale si dava mandato a tre società demoscopiche di avviare il sondaggio d'opinione sui tifosi, parametro per determinare la redistribuzione delle risorse derivanti dai bacini d'utenza. Lo scontro era stato innescato dai criteri di ricerca.

PARAMETRI - Un conto è calcolare quanti sono i tifosi di una squadra, un altro quanti sono i
sostenitori (si può, ad esempio, essere tifosi della Juventus ma abbonati al Lecce, città in cui si è residenti): ma è da numeri come questi che discende la distribuzione tra i club di una decina di milioni di euro. Secondo quanto riferito dall'a.d. dell'Inter Ernesto Paolillo, la votazione sulla mozione di ineseguibilità è finita 5 (Udinese, Catania, Parma, Palermo e Sampdoria) a 5 (Juventus, Inter, Milan, Napoli e Roma). Con la vendita collettiva dei diritti tv sancita dalla legge Melandri-Gentiloni, gli introiti delle grandi sono generalmente diminuiti a vantaggio delle piccole. Ecco perché le big non sono disposte a mollare sui criteri coi quali si debbono distribuire gli ultimi 200 milioni, il 25% della torta complessiva e non hanno digerito il voto compatto di maggioranza con il quale venerdì 15 aprile l'Assemblea le ha messe nell'angolo. Il tema sarà affrontato dall'assemblea il 3 maggio.

OPINIONI - «Si stanno togliendo legittime risorse alle squadre che più investono nel calcio - spiega l'a.d. dell'Inter Erneso Paolillo - ripartendole a chi investe molto meno». «Alla fine le grandi si facciano il loro campionato europeo - replica il presidente del Parma Tommaso Ghirardi - e vorrà dire che le altre 15 faranno un campionato italiano dei poveracci. Noi - aggiunge - abbiamo votato che le risorse vengano distribuite una volta che sia stato scelto un criterio e abbiamo dato mandato a delle società demoscopiche di fare la ricerca. Perchè non si può fare?». La risposta è che i criteri della conta non piacciono alle big che, siccome in assemblea sono il 25%, ma stanno tutte in Consiglio, hanno aspettato questa tappa per bloccare la decisione. «Era fatta male tecnicamente e non eseguibile», ha spiegato l' avvocato Leandro Cantamessa, legale del Milan.

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26/04/2011 23:08

C'era qualche dubbio?
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12/05/2011 00:28

Agnelli e Galliani contro Beretta

"Porto la Juve all'estero"

Grazie al voto del presidente, il Consiglio della Lega di Serie A si è schierato con le 15 'piccole'. Il presidente bianconero: "Valutiamo ogni ipotesi, anche di uscire dalla Lega". L'ad rossonero: "Se ne assumerà le responsabilità, anche patrimoniali"


Dopo il voto decisivo di Maurizio Beretta, che ha dato via libera all'attuazione della delibera delle 15 cosiddette 'piccole' sui diritti tv, arriva l'attacco frontale di Agnelli contro Federcalcio e Lega: "E' una giornata difficile per la ripartizione del bacino d'utenza - ha detto il presidente bianconero - La federazione è stata poco lungimirante: ha perso due volte gli Europei, la legge sugli stadi non decolla, e poi la regola sugli extracomunitari. In Lega invece la situazione è paradossale: c'è un presidente dimissionario che decide con una maggioranza precostituita. Ci sono cinque grandi squadre (Juve, Inter, Milan, Roma e Napoli, ndr) che hanno il 75% dei tifosi dalla loro parte ma subisocno le decisioni delle altre squadre. Noi abbiamo 3 milioni di audience contro 300 mila delle altre 15. Purtroppo chi non investe grandi cifre, in questo momnento decide: ci appelleremo al Coni che tutela lo sviluppo dello sport. Siamo compatti con le altre 4, valutiamo anche l'ipotesi di un'uscita dalla lega". E poi ripete, rispondendo alla domanda se "uscire dalla lega" potrebbe voler dire andare a giocare all'estero, in Premier o nella Ligue 1 francese: "Stiamo valutando qualsiasi ipotesi. Aspettiamo le motivazioni della Corte di giustizia federale e poi la posizione dell'Alta corte di giustizia del Coni. A quel punto - ha spiegato il presidente della Juventus - può di nuovo decadere tutto e bisogna valutare come si comporterà la Lega". Agnelli ha aggiunto: "E' come se abitassimo in un
palazzo: su tre piani stanno le cinque grandi, sul quarto tutte le altre squadre e loro decidono tutti i lavori da fare e noi paghiamo tutti i costi".

CONSIGLIO DI LEGA CON LE PICCOLE - Il Consiglio della Lega di serie A si schiera con le 'piccole' sulla questione dei bacini d'utenza per definire i diritti tv. Con il voto decisivo del presidente Maurizio Beretta, il Consiglio ha dato infatti attuazione alla delibera dell'assemblea per l'assegnazione a tre agenzie demoscopiche delle indagini per definire i bacini. Beretta ha quindi scelto di sostenere la posizione delle cosiddette 15 "piccole", dopo che ieri invece l'Alta Corte di Giustizia del Coni aveva accolto il ricorso delle cinque 'grandi' (Juve, Inter, Milan, Napoli e Roma) contro la delibera del 15 aprile scorso dell'Assemblea di Lega.

LE ACCUSE DI GALLIANI - "Con il voto decisivo di Beretta, la votazione è finita 6 a 5", ha spiegato l'amministratore delegato del Milan Adriano Galliani parlando al termine del Consiglio al fianco dell'omologo interista Ernesto Paolillo. Hanno votato contro l'attuazione della delibera i rappresentanti di Milan, Inter, Roma, Napoli e Juventus. A favore, invece, quelli di Parma, Sampdoria, Udinese, Palermo e Catania, oltre al presidente della Lega di serie A. Secondo Galliani e Paolillo, "il prossimo round sarà in assemblea lunedì, e poi in tribunale". "Beretta - ha detto l'ad rossonero Adriano Galliani - se ne assumerà le responsabilità anche patrimoniali. Smentendo se stesso, dopo essersi astenuto nell'ultimo consiglio, ora si è schierato con una delle parti. E' un presidente - ha continuato - che da tempo lavora a Unicredit da mattina a sera e in Lega non c'è mai. Ognuno nella vita fa ciò che vuole ma si assume le responsabilità".

LA REPLICA DI BERETTA - "Oggi l'unica condizione vincolante era dare attuazione alla delibera - ha detto Beretta - Non ho preso le parti degli uni o degli altri, ho fatto fino all'ultimo ogni tentativo per fare una composizione che vedesse il Consiglio di Lega unito nell'attuazione della delibera". Beretta ha poi aggiunto che "a differenza dell'ultimo Consiglio di Lega dove era pendente il ricorso alla Corte di Giustizia Federale, oggi quel ricorso è stato respinto e di fatto la delibera è nella sua piena operatività. C'è una delibera dell'assemblea votata con una maggioranza di tre quarti contestata da un ricorso alla Corte che lo ha respinto. E quindi la delibera è nella sua esecutività e tenendo conto di questo ho ritenuto che così il Consiglio si dovesse posizionare".

"HO CHIESTO DI ESSERE SOSTITUITO" - "Dicono che sono assenteista? Certo questa non è una fase facile che dà soddisfazione - la risposta di Beretta - Peraltro io avevo chiesto di essere avvicendato ormai quasi due mesi fa. Resto qui per non pregiudicare completamente l'operatività della Lega e mi auguro si trovi presto un accordo per un nuovo presidente che possa magari fare da pacificatore". Galliani e Paolillo affermano che la storia finirà in tribunale e che le sue responsabilità sono anche patrimoniali: "Non voglio fare polemiche. Non si può neanche correre il rischio di non attuare le delibere lasciando i lavori a metà. Anche quando le situazioni non sono simpatiche credo che le si debbano gestire".

CELLINO: "15 PEONES CONTRO CINQUE DI SANGUE BLU" - Questa mattina, prima ancora della riunione del Consiglio, il presidente della Lazio Lotito aveva definito "abnorme" il provvedimento dell'Alta Corte. Il numero uno biancoceleste aveva precisato: "La delibera è valida a tutti gli effetti e il Consiglio di Lega di oggi deve darle esecuzione". Sulla stessa linea anche Massimo Cellino: I consiglieri delle cinque grandi "si stanno rifiutando di dare esecuzione alla delibera. Ci contestano - ha aggiunto il presidente del Cagliari - che 15 peones votano contro cinque di sangue blu. Si può discutere di tutto ma vanno riconosciuti i principi democratici".

Timothy Ormezzano

www.repubblica.it
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