Tra pochi giorni in Germania piatti antropofagi. Ma tutto fa pensare a una bufala.
Giuliano Capecelatro
Un cupo e ambiguo fondo violaceo, che ha un che di sanguinolento. Testi in tre lingue (tedesco, inglese, portoghese) con un benvenuto cui segue una calda esortazione a concedersi un “viaggio dal sapore unico”.
Una spruzzatina spiritualista sapientemente miscelata con un vigoroso richiamo agli istinti primordiali, un’indeterminata forza che fa tanto appello agli spiriti animali.
Il sito (www.flime-restaurante.com) presenta con compassata professionalità le pietanze che, dal prossimo 8 settembre, il ristorante Flimè dovrebbe mettere in tavola anche a Berlino. Dopo i trionfi che lo stesso ristorante assicura di aver riscosso ai margini della foresta amazzonica, nello stato di Rondonia, nord ovest del Brasile. Piatti preparati con un ingrediente tutto particolare: la carne umana.
Mangiare come atto spirituale
Tutto in omaggio alla tradizione gastronomica dei Wari, appunto una tribù dell’Amazzonia. Cui, a metà strada tra la truculenza alla Quentin Tarantino e un dandysmo esasperato, il proprietario del ristorante, Eduardo Amado, dice di rifarsi. E che illustra con astuzia commerciale.
“Flimè - si legge sul sito- è il primo ristorante nel mondo a servirvi un menu dell’originale tradizione Wari. Ci atteniamo strettamente al proverbio Wari: Mangiare è molto di più che soddisfare la fame”.
Ecco così l’antropofagia servita come “un atto spirituale”, in cui chi mangia assume forza e spirito della persona ingerita. E, sempre proseguendo nella maliziosa e mai dettagliata presentazione, la precisazione che “la nostra innovazione consiste nella combinazione dei più gustosi ingredienti della cultura Wari con le classiche ricette brasiliane”. Infine l’invito, sornione: “Provate il brivido dei nostri piatti incomparabilmente aromatici e saporiti”.
Puzza di bruciato
Se si tratta di una trovata pubblicitaria, e non di uno scherzo discutibile, Eduardo Amado avrebbe fatto centro. Ieri il popolare quotidiano tedesco Bild aveva messo in circolazione la notizia. E Internet, in queste ore, pullula di stupiti lanci che annunciano l’apertura del nuovo locale a Berlino. Oltre che di reazioni disgustate e indignate dichiarazioni.
Nel lancio promozionale del nuovo ristorante, però, si avverte puzza di bruciato. Eduardo Amado appare su Youtube in un’intervista che ha tutta l’aria di essere una patacca. La giornalista che gli rivologe le domande ha un microfono su cui non compare nessuna sigla di canali televisivi e ha un forte accento portoghese. E lo stesso Amado sarebbe portoghese e non brasiliano.
Forse per rendere più pepata la notizia, l’intervista è corredata da un breve servizio sulle proteste inscenate, con tanto di cartelli a base i “basta con il cannibalismo”, a Guajarà- Mirim, cittadina del nord ovest in cui Flimè avrebbe la casa madre.
Ma l’edificio che appare sullo sfondo è curiosamente il municipio di Rio de Janeiro. Città senz’altro brasiliana, ma distante centinaia e centinaia di chilometri da Guajarà-Mirim.
La notizia non regge alle verifiche
Così qualcuno si è preso la briga di andare più a fondo. Il sito internet brasiliano Opera Mundi ha svolto una breve ricerca tra i presunti contestatori, senza trovarne neppure uno. Al numero indicato sul sito del ristorante ha risposto una banca di Guajarà- Mirim, e un funzionario ha detto di non aver mai sentito parlare del ristorante Flimè.
Ciliegina sulla torta, visto che di gastronomia si parla, a sfogliare il menu riportato sul sito del ristorante si trovano, e ci mancherebbe, tutti piatti a base di carne. Ma neppure il più piccolo accenno che si tratti di carne umana. E tutto fa pensare che la decantata tradizione alimentare dei Wari, sarebbe soltanto un’accorta suggestione.
Abile marketing
Come che sia, antropofagia o no, portoghese o brasiliano, burlone o provocatore, Eduardo Amado si frega le mani, contento di tanto clamore. E, sempre tenendosi in bilico e senza mai menzionare pratiche cannibalistiche, afferma: “Sono convinto che le proteste sia utili per far sì che il mio ristorante abbia successo. Capisco le critiche, ma credo che la gente dovrebbe provare almeno una volta il cibo wari per poterlo comprendere”.
Poi delinea scenari trionfali per il futuro del (presunto) cannibalismo: “Abbiamo altre proposte dall’estero”.
Episodi (veri) di cannibalismo
Certo, l’ idea stessa dell’antropofagia oggi fa aggricciare la pelle. Ma non bisogna dimenticare che si tratta di un rituale che la razza umana ha praticato fino a tempi non proprio remoti. Con finalità anche, se non principalmente, spirituali. Una pratica che ogni tanto, a sorpresa, si ripresenta al civilizzatissimo uomo del ventunesimo secolo.
Negli anni Novanta gli Usa rimasero sconvolti dal mostro di Milwaukee, Jeffrey Lionel Dahmer, che aveva ucciso e trangugiato, tra il 1978 e il 1991, diciassette persone, e nel cui frigorifero furono ritrovati i resti delle vitttime più recenti.
La Russia, allora Urss, aveva conosciuto il caso di Andrei Romanovic Chikatilo, il comunista che mangiava i bambini, secondo il titolo del bel libro di David Grieco (che ne ha fatto un film, nel 2007, con Malcom McDowell nei panni del protagonista): cinquanta tra donne e bambini uccisi in dodici anni.
E la Russia postcomunista di Putin ha ascoltato sgomenta la storia di Karina Bardochian, annegata, sezionata e mangiata da due ventenni, Maxim Glavatskik e Yuri Mojnov, condannati in seguito a 19 e 18 anni di reclusione, pena giudicata quasi all’unanimità molto mite.
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