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Poz: "In NBA il Gallo non serve"

Ultimo Aggiornamento: 23/03/2010 12:51
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23/03/2010 12:51

L’ex cestista critico sui 3 italiani della Nba in azzurro

«Non serve il Gallo»

«E’ meglio che usi questa estate per migliorare»

«Sono perplesso: chiediamo agli “americani” di essere a disposizione e c’è un campionato che non tutela i giocatori italiani»


«Per Capo d’Orlando, scende in campo con il numero 4 Gianmarco Pozzecco!». No, non è solo un flashback del recente passato, quella stagione 2007-08 in cui il Poz ha salutato la Serie A esaltando i tifosi siciliani, ma è quanto dirà lo speaker del PalaFantozzi domenica contro Messina, festa per la promozione in B Dilettanti del club ripartito dopo l’esclusione dalla Serie A di 20 mesi fa. «Mi intrufolo nella festa confezionata da Enzo Sindoni e dalla città di Capo d’Orlando. Posso partecipare attivamente, giocherò un po’, ci divertiremo» dice il 37enne Pozzecco.

A quasi due anni dal ritiro, in che condizioni è Pozzecco?

«Pietose, e forse sono ottimista. Quando giocavo pesavo 76 kg, ora sono 83-84, cioè un aumento del 10% . Dopo l’invito di Capo d’Orlando mi ero ripromesso di allenarmi. E invece ieri ho giocato a tennis... Spero che il talento sopporti il mio fisico».

Avrà un ruolo nella risalita di Capo d’Orlando, intenzionata a cercare un diritto di Legadue? O il futuro da dirigente sarà a Varese?

«Anche se ho giocato soltanto un anno in Sicilia, è come se fossi rimasto là. Sono stato il primo a felicitarmi con Sindoni, presidente ai tempi della Serie A, per la conquista del primo posto matematico. Con Capo d’Orlando ho un legame immortale, come con Varese. Ho sempre pensato che, una volta smesso di giocare, la strada di uno dei due club e la mia si sarebbero incrociate ancora. Ma ora ho un contratto con Milano e le sono grato».

Come avanza il Junior Program dell’Armani Jeans di cui è responsabile?

«E’ un progetto propositivo, concepito per fare qualcosa a livello sociale a Milano (coinvolge 7.000 bambini) in un momento in cui i settori giovanili sono in crisi. Ma come manager devo imparare tanto: farò il mio percorso, con un Master alla Bocconi per implementare le mie conoscenze».

Termini come “Master” e “implementare” sono agli antipodi col Poz giocatore...

«Come cambia la vita, eh? E’ il dramma di chi esce dallo sport, ha le conoscenze del campo ma non quelle manageriali. Ora vado nelle aziende a parlare di leadership e team building. E mi piace».

Campionato: Montepaschi tricolore imbattuta?

«Di primo acchito, direi di sì. Nessuno chiederà mai a Siena di indebolirsi per riaprire il campionato, però con questo divario sulle avversarie cala l’entusiasmo».

Il nuovo ciclo azzurro?

«Dino Meneghin sta lavorando bene, e con un tecnico giovane oltre che preparato come Simone Pianigiani è possibile programmare. Semmai sono perplesso quando chiediamo ai tre giocatori Nba di mettersi a disposizione e fare qualcosa per l’Italia, ma poi c’è un campionato che non tutela gli ita­liani, a livello di regolamenti».

Bargnani, Belinelli e Gallinari azzurri in estate?

«Il loro attaccamento è innato. Ma per stipendio, ambizioni e tutela della carriera credo che debbano fare un calcolo: Dirk Nowitzki avrebbe detto al Gallo di usare l’estate per migliorare. Sono convinto che sia primario imporsi nella Nba, come ha già fatto Bargnani, poi puntare alla nazionale».

Meglio commentare la NBA o la Serie A?

«Sul nostro campionato ho una conoscenza superiore, ma la Nba garantisce una libertà differente: in Italia, solo Boston e Lakers hanno tifosi accaniti. Il limite della nostra cultura sportiva è che può succedere che Beppe Bergomi venga accusato dopo un Catania-Lecce di aver tifato Lecce perché schierava un ex primavera dell’Inter ».

Il gesto di Lapo Elkann in Lakers-Toronto?

«Vorrei conoscerlo, provo per lui spasmodica simpatia. L’unico antipatico è Bargnani che mi ha scritto: “anche Lapo Elkann ha giocato in NBA e tu no”. Mi ha dato uno spunto: la prossima volta che vado a San Siro invado il campo ed entro in scivolata su qualcuno».

Lei e Andrea Meneghin, gemelli dell’ultimo scudetto varesino, siete diventati donatori Admo.

«Abbiamo fatto una cosa utile e mi sono emozionato. Lo dovrebbero fare tutti».

Mirco Melloni

www.tuttosport.com
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