Per la serie: "Come non arrivare a Milano in tempo per l'esame".
Nuova stazione con segnaletica inefficace, guasti ai tapis roulant e poche panchine. E le valigie si incastrano
Si entra ed esce, ci si lotta e perde a testa alta. Nessuna freccia di indicazione sul pavimento; minuscoli, defilati, appiccicati ai lati delle colonne gli annunci ad altezza occhi: e allora, stante la pochezza degli aiuti, non resta che la segnaletica verticale, su in alto. Però così cattivella, ingannevole, truffaldina. Prendiamo l’ingresso principale, direttamente da piazza Duca d’Aosta. Sulla destra, un bel pannello con scritto: «bagagli», «biglietteria», «servizi igienici». Ma per i treni? Dieci metri più avanti, altro pannello. Con scritto: «biglietteria». D’accordo. Ma per i treni? E anche per i bagagli, i servizi igienici?
I servizi igienici sono al piano ammezzato, 1 euro per entrare e l’esperienza sensoriale, unica, dell’acqua siberiana dai rubinetti. Bagni da brividi. In quelli del piano superiore ci sono i finestroni bloccati spalancati come ai tempi delle pulizie di primavera, e infatti la toilette costa meno. Ottanta centesimi da versare in monetine nell’apposita macchinetta, non è accettata la moneta da 1 euro, non si dà resto. Però amen, almeno, dirà qualcheduno, con i bagni un posto per sedersi c’è. In tutta la stazione ci sono quattro panchine al piano terra e tredici panchine al piano dei binari. Le panchine sono da quattro posti. In un giorno, in stazione Centrale, passano almeno 320 mila passeggeri. La maggioranza di chi attende è accasciata, o è seduta in equilibrio sui tubi poggiapiedi lungo i corridoi, oppure avanza e arretra su questi tapis roulant che si alzano, mischiano e intersecano in diagonale, anziché, semplicemente, salire in verticale dall’ingresso dello scalo ai treni.
Qui vien voglia di andar via. Di uscire. Dov’è l’uscita? Provare a scendere da un treno al binario 5. Andate dritto. Troverete un doppio pannello. Miriade di informazioni, tranne, appunto, quella per l’uscita. Di nuovo, a testa alta. Eccola lì, in rosso, a grossi caratteri, una scritta possente: «uscita». Ma conduce alle lunghe scalinate (fatte di 48 gradini) e non ai tapis roulant. Nel dicembre 2008, finito il restauro da 120 milioni, Trenitalia prometteva («È solo il primo passo»), la Regione tranquillizzava quegli antipatici pendolarimai contenti («Miglioreremo tante altre cose») e il sindaco Letizia Moratti passeggiava in spazi «lucenti e rinnovati nell’immagine e anche come punto d’incontro». Quanti incontri tra sconosciuti, tra chi sale e chi scende, con domande così, poste con una tragica teatralità facciale: «Vado bene per i taxi?», «Dov’è il deposito bagagli?», «E la metropolitana? ». Non mancano gli arditi: «Di qui è giusto per il Malpensa shuttle? ».
Su piazza Duca d’Aosta tre varchi conducono alle scale del metrò. Ma questo lo sa chi è pratico del posto. Gli altri, come unica coordinata geografica si ritrovano una minuscola scritta «M», che sta per metrò, sulla sommità di uno dei varchi. Siamo sul lato sinistro dell’ingresso. Quello fortunato. Ha l’orologio, sul muro, che funziona. L’unico nel raggio di metri e metri. Certo, poi, a cosa serviranno gli orologi se tanto non ci sono manco gli orari, o quei pochi che ci sono, sono schiacciati dentro piccoli, davvero piccoli monitor? Bastano due, tre persone davanti per, di fatto, oscurare gli schermi.
Ha detto l’architetto Stefano Boeri che la Centrale «rende difficile l’orientamento e addirittura a volte lo spostamento fisico per chi ha fretta». La fretta, qui, è un atteggiamento da condannare. Non è tollerata. Non si può, non si deve. C’è coda alle biglietterie, il treno parte e si vogliono puntare i pochi secondi a disposizione sulle macchinette automatiche? Delle macchinette, ieri, nel primo pomeriggio, ne abbiamo contate 6 fuori uso; ci sono inoltre quelle che non danno resto superiore ai 9 euro e quelle con la fessura per il bancomat e la carta di credito, e con l’adesivo d’avviso «non attiva la modalità bancomat e carta di credito».
È tutto un avviso, lo scalo. «Il deposito bagagli è stato trasferito all’interno del nuovo asse pedonale». Trovato il deposito, si nota il cartello «fuori uso» sulla macchina che, forse, dovrebbe passare sul nastro trasportatore la valigia e individuare eventuali elementi sospetti all’interno. Attività anti-terrorismo? Comunque, stavamo parlando dei cartelli. Ai binari 20 e 21 il Freccia club annuncia: «Ingresso riservato soci cartafreccia oro e platino». Non ci sono, nella stazione, sale d’attesa per il popolo. C’è un ultimo cartello, in una «edicola e libreria». I giornali ci sono; quanto alla libreria, rimangono le ultime copie tascabili del romanzetto d’amore di Cathy Williams «Volere del destino» e del giallo di Jonathan Nasaw «Incubo senza fine».
In Centrale i tapis roulant hanno una coppia di pali all’inizio, i bagagli si incagliano; la farmacia è preceduta da una scaletta che si avvita e scoraggia solo a guardarla; in un punto, per raggiungere la biglietteria ti fanno fare una scalata-discesa sui tapis roulant inutile, la biglietteria dista trenta passi. Per la cronaca, dalla biglietteria ai binari, con i tapis roulant si impiega non meno di un minuto e 48 secondi. Parecchio. Ci sono delle targhette, in giro. Comunicano che per proteste e apprezzamenti c’è un numero cui è possibile inviare un sms. E che si scriva «bravi» o «è una vergogna», a messaggio inoltrato la risposta che torna indietro non cambia. Sempre «il Gruppo Ferrovie dello Stato ringrazia per le segnalazioni ». Cosa importa, tanto l’sms (del viaggiatore) è a pagamento.
Andrea Galli
www.corriere.it
Solo due considerazioni su dei commenti che alcuni lettori del Corriere hanno fatto.
Un altro paio di considerazioni: La prima è ch la gente, continua a pensare che la Stazione Centrale sia rimasta un qualcosa di pubblico quando invece è gestita da Grandistazioni di Benetton e quindi, come spa, ha un unico obbiettivo: il profitto. La seconda è che questo sistema potrà piacere o no, ma ha portato le ferrovie, gestite dall'AD MORETTI al bilancio in pareggio, cosa fino ad oggi mai vista. Andreotti sovente diceva: " ci sono due tipi di pazzi. Quelli che si credono Napoleone e quelli che pensano di risanare le ferrovie". Sarà ma io preferivo la Ferrovia pubblica.
Vinz64
Ebbravo Vinz.
Parliamo anche dei tabelloni partenze/arrivi. Nella vecchia Centrale c'erano quelli a caratteri mobili, grandi e visibili da lontano. Tanto per fare un esempio, il viaggiatore in arrivo con una coincidenza stretta riusciva a individuare il binario dell'eventuale treno in coincidenza solo alzando gli occhi e senza necessità di fermarsi (molo utile per coincidenze strette). Adesso ci sono i tabelloni ipertecnologici digitali. Lo schermo presenta caratteri a fosfori arancioni (belli sfarfallanti e perciò confusi), visibili solo da vicino e da angolazione ridotta. Ci sono pure delle colonnine con schermi più piccoli, ma in questo caso bisogna andare a cercarle. Come si vede un passo indietro ... in nome del progresso!!! In compenso una dovizia di schermi pubblicitari che obbligano il viaggiatore a sorbirsi spot chiassosi e insulsi! Conclusione: la tecnologia è una bella cosa, ma se usata con intelligenza...
soyombo
Veramente io non ci capivo niente con quelli vecchi.
Quelli nuovi sono chiarissimi, inoltre tutte le fermate sono scritte anche sul binario e sovente addirittura sul treno stesso!
Insomma aprire gli occhi male non fa.