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Londra chiude la porta di Calais: entro l’anno un muro anti migranti

Ultimo Aggiornamento: 19/06/2018 20:38
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Sesso: Femminile
08/09/2016 11:00

Verrà finanziato dal Regno Unito in territorio francese. Costerà 2,7 milioni. Polemiche in Austria: decreto stop ai richiedenti asilo e confini sigillati con 2200 soldati

Qualcuno la chiama la «Grande muraglia di Calais», altri la paragonano alla barriera che Trump vorrebbe costruire al confine con il Messico, altri ancora sostengono che è uno spreco di denaro pubblico. Non è ancora stato posato il primo mattone che il muro finanziato dal governo britannico per impedire il passaggio dei migranti dalla Francia già suscita polemiche. Intanto, con un’altra decisione che fa discutere, il governo austriaco ha annunciato un «decreto d’urgenza» che permetterebbe a Vienna di bloccare i migranti alle frontiere.

Londra ha annunciato che i lavori per il muro in cemento armato cominceranno questo mese e potrebbero concludersi entro l’anno. «Abbiamo già fatto il recinto, adesso costruiamo il muro», ha detto il sottosegretario all’immigrazione, Robert Goodwill. Alto quattro metri e lungo circa un chilometro, il muro si dipanerà lungo l’autostrada che passa vicino alla «Giungla», il campo migranti di Calais, e arriva fino al porto. La superficie liscia dovrebbe rendere più difficile arrampicarsi. Londra le sta provando tutte per fermare i migranti che dal Nord della Francia cercano di salire a bordo dei camion diretti in Gran Bretagna, o imbarcarsi sui treni che attraversano l’Eurotunnel. Finora lo spiegamento di polizia britannica su suolo francese e recinti di filo spinato non sono riusciti nell’intento. Goodwill ha annunciato un inasprimento delle misure di sicurezza e spiegato che il muro è parte di un pacchetto da 17 milioni di sterline (20 milioni di euro) concordato tra Londra e Parigi nel marzo scorso.

La situazione a Calais si è accesa come sempre d’estate, quest’anno ancora di più in seguito al referendum sulla Brexit, sul cui esito tanto hanno influito la paura dell’immigrazione e il desiderio di chiudere le frontiere. I ministri degli Interni inglese e francese si sono incontrati nei giorni scorsi in un clima di tensione. Circa 10.000 persone, per lo più provenienti da Africa e Medio Oriente, vivono in condizioni disperate nel campo, tra squallide tendopoli e rifugi di fortuna. Molti di loro rischiano la vita, e talvolta la perdono, nel tentativo di raggiungere Dover: undici morti solo quest’anno, secondo il gruppo umanitario Auberge des Migrants. Le autorità dei due Paesi denunciano tentativi continui di abbattere le recinzioni e aggirare i controlli, mentre i camionisti raccontano di aver paura per la loro incolumità. Lunedì scorso conducenti di Tir e agricoltori francesi hanno tenuto una manifestazione di protesta, bloccando una delle autostrade per Calais, per chiedere la chiusura della «Giungla». Parigi ha promesso di smantellare definitivamente il campo, ma non si sa se e quando lo farà davvero.

Le organizzazioni umanitarie hanno condannato il progetto del muro, ma a giudicare dalle prime reazioni l’idea non piace nemmeno ai camionisti. Per Richard Burnett, capo dell’associazione britannica del trasporto su strada, sarebbe stato meglio spendere i due milioni di sterline per aumentare le misure di sicurezza. Altri temono che migranti in fuga da conflitti e miseria cercheranno comunque di aggirare il muro, anche a rischio della vita.

Pure Vienna è sotto accusa dopo che il governo ha approvato un progetto che prevede un sostanziale stop alle richieste di asilo, respingimenti in «Paesi sicuri» e fino a 2200 soldati per controllare i propri confini. Il cancelliere Christian Kern ha assicurato che il decreto d’urgenza entrerà in vigore solo quando sarà raggiunto il limite di 37.500 richieste di asilo ammesse per quest’anno dall’Austria. La misura potrebbe comunque essere impugnata a livello legale. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), Christoph Pinter, il provvedimento «romperebbe un tabù e significherebbe una rinuncia al diritto d’asilo in Austria». Pinter ha inoltre espresso il timore che «altri Paesi europei seguano l’esempio».

lastampa.it - Alessandra Rizzo
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