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Cina, il superpoliziotto "diserta": scoppia sul web il caso di Wang Lijun

Ultimo Aggiornamento: 10/02/2012 22:11
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10/02/2012 22:11

Un superpoliziotto che scompare nel nulla, contatti segreti con gli americani, intrighi politici, storie di corruzione e tanto mistero alimentato dal silenzio impenetrabile delle autorità. Ecco gli ingredienti della spy story in salsa comunista che sta conquistando i cinesi ed impazza da giorni sul web rendendo sempre più difficile distinguere le voci dalla realtà. Si tinge quindi sempre più di giallo la storia del capo della polizia cinese in fuga dalla sua città che avrebbe chiesto asilo politico agli Usa e del quale si sono perse le tracce.
Dopo smentite, voci, 'no comment' e notizie impazzite sulla rete, le uniche certezze nel caso di Wang Lijun sono davvero poche. La prima è che l'uomo il 2 febbraio viene 'dimesso' dalla carica di capo della polizia di Chongqing e viene 'smilitarizzato', divenendo vice sindaco della città più popolosa di Cina. Quella che può sembrare una promozione in Cina invece ha i contorni dell'epurazione.
Quattro giorni dopo, il sei febbraio, come ha confermato l'agenzia Nuova Cina che ha annunciato un'indagine governativa, Wang è stato tutto il giorno nel consolato americano di Chengdu. Non si sa se sia uscito in serata o la mattina dopo, ma si sa, grazie agli americani, che lo ha fatto «di sua spontanea volontà», anche se nessuno spiega il perchè ci sia andato. Il consolato è stato circondato da forze di polizia cinesi.
Ora Wang sarebbe in «vacanza forzata». Fin qui i fatti. Il web è impazzito e le speculazioni non si contano: come, ad esempio, che la 'fuga' di Wang colpisce direttamente il suo mentore, il potente segretario politico di Chongqing Bo Xilai, uno dei politici più in vista del panorama cinese tanto da essere candidato ad un posto nel comitato centrale del politburo di Pechino. Sia che Wang sia scappato per difendersi da una inchiesta per corruzione, sia che l'abbia fatto per altre ragioni, da più parti viene detto che la carriera politica di Bo Xilai, quello delle canzoni rivoluzionarie obbligatorie e del rinverdimento del maoismo, sembra fermarsi.
Oggi sui media cinesi era difficile in alcuni momenti trovare notizie su Bo ma non su Wang. Nessuna notizia ovviamente della condanna a sette anni, per una poesia che gli è valsa l'accusa di sovversione, del dissidente Zhu Yufu. La stretta del Governo cinese è evidente: altre tre persone sono state condannate a dieci anni per aver criticato l'ex presidente Jiang Zemin. Ge Xun, un cinese emigrato negli Stati Uniti nel 1986, è stato picchiato dalla polizia e trattenuto per essere interrogato per 21 ore consecutive per aver deciso di andare a fare visita a una delle cosiddette «madri di Tiananmen».

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